Libri accanto al fuoco: I cinque malfatti

Ti ricordo, bambino difficile. Mi eri stato presentato ancor prima che ci conoscessimo: mi era stato annunciato che avresti potuto rappresentare un problema per le attività sulla lettura proposte in classe.
Già prima di conoscerti mi avevi dato da pensare. Mi ero chiesta come ci si senta, a sapere di essere un problema per i propri insegnanti, per i propri compagni. A sentirsi sempre diversi, fuori posto, (mal) tollerati. Con un colpo d’intuito, decisi che avremmo fatto conoscenza attraverso I cinque malfattidi Beatrice Alemagna (Topipittori, 2016), anche se non era previsto che facessi letture, quel giorno.
Funzionò. Rimanesti ad ascoltarlo per tutta la durata della lettura, e addirittura chiedesti che facessimo le nostre attività proprio su quel libro.
Devo molto, a I cinque malfatti, albo illustrato che secondo me tutti dovrebbero conoscere. La prima cosa che devo a questo libro, però, è la sensazione di aver fatto breccia, per una volta, in un mondo fragile, di averlo fatto sentire a suo agio, normalmente malfatto in un mondo di malfatti che si sanno nascondere più o meno bene.

I cinque malfatti sono cinque… individui. Ognuno di loro è così unico che non è possibile definirli “esseri umani” o “animali”: sono dei viventi, certo, ma di una vita che ingloba anche gli oggetti, che li rende echeggianti di materie altre rispetto a quelle cui siamo abituati. Tale è l’arte di Beatrice Alemagna, che riesce a creare degli individui che non ci sono da nessun’altra parte.
Ognuno di loro è un unico: basta questo a renderli, ai nostri occhi di lettori, “malfatti”: il fatto che uno abbia dei buchi nella pancia, ad esempio, o che uno sia tutto pieghettato “come una lettera da spedire”, o che un altro dorma quando tutti pensano che dovrebbe essere sveglio. Sono diversi: noi diciamo che non sono come noi, e quindi li definiamo malfatti.
Attenzione alla finezza d’ingegno di questa superba illustratrice. Le illustrazioni ci dicono una realtà oggettiva, il testo assume il punto di vista soggettivo di “quelli che sanno come va il mondo” (la citazione non è a caso, vediamo se qualcuno la riconosce).
I cinque malfatti non sanno, veramente, di essere malfatti; o meglio, non considerano questo un demerito, tanto che spesso si divertono a fare a gara su chi sia il più malfatto di tutti.
Ma anche nella loro vita arriva il terremoto: si tratta di un Perfetto, che capita un giorno nella loro casa storta, non si sa da dove, non si sa perché: alto, bello, con una fluente capigliatura, sicuro nella sua perfezione. È il senso comune che irrompe nel magico mondo malfatto, e come il Grillo parlante di Pinocchio semina il dubbio là dove prima tutto era malfattamente perfetto.
Il Perfetto sottopone i cinque amici a un interrogatorio (“Che cosa ci fate qui?”, “Boh, niente, sbagliamo tutto!”) e non ci mette molto a capire, con disgusto, che non solo sono malfatti, ma non hanno nessun progetto o idea: insomma, sono “delle vere nullità”.
Nell’albo è tangibile la pausa sconcertata dopo l’affermazione del Perfetto. È il momento della rivelazione: quanti, di fronte all’aggressione di chi si ritiene perfetto, s’inghiottono, per così dire, e per evitare altre umiliazioni si annullano davvero, a volte per tutta la vita?
I nostri malfatti no. Inizia, timidamente, quello bucato: “Sarà, ma io non mi arrabbio mai: la rabbia mi passa attraverso”.
“Mah,” dice il pieghettato “io conservo tutti i ricordi qui, nelle mie pieghe”.
E così, via via, ogni malfatto, in pagine che risuonano come squilli di tromba di un esercito in rivolta, spiega all’odioso individuo che ciò per cui lui lo ritiene malfatto è, in realtà, una qualità, una ricchezza tutta sua.
Gli altri malfatti sono lì, ognuno a fianco degli altri, a testimoniare con la loro amicizia quanto vale, e che bisogna essere un po’ malfatti per vedere nei buchi, nelle pieghe, nei bitorzoli l’inarrivabile ricchezza di ognuno.
E che un perfetto, tutto sommato, è così noioso da non essere per nulla interessante.

Il tocco leggiadro della letteratura per l’infanzia, che io considero una qualità al pari della densità di certa letteratura adulta, relega quest’albo tra i “libri per bambini”, col che troppo spesso molti intendono, ahimé, “libri infantili”, creandosi una scusa per sfuggire alla possibilità di imparare qualcosa in più.
Invece I cinque malfatti, per me, è un albo che non dovrebbe mancare in nessuna casa. Ma non mi riferisco solo alle case-con-bambini: dico che non dovrebbe mancare in nessuna nessuna casa. Dovrebbe diventare una lettura imprescindibile a scuola, essere l’albo che introduce i bambini in età scolare al mondo. Dovrebbe diventare manifesto della nostra società, ecco… ovviamente dando per assodato che la nostra società proceda verso il rispetto per sé e per l’altro, verso l’accoglienza, verso la creazione di una comunità universale in cui colore, età, lingua, genere, livello culturale, classe sociale e via dicendo non siano più elementi di discriminazione.
… Perché è lì che stiamo andando, vero?

Titolo I cinque malfatti
Autore Beatrice Alemagna
Casa editrice: Topipittori
Anno di pubblicazione: 2016
Consigliato da che età? Dai 4 anni, ma chi apprezza veramente questa storia con tutte le sue sfumature sono i bambini più grandi, gli adulti, gli educatori
Consigliato a lettori… Che si sentono incompresi e diversi; che hanno bisogno di imparare a rispettare la diversità; che apprezzano gli stili illustrativi originali e ricercati; Per me, a tutti tutti tutti, per mille motivi diversi.
Libri amici: Orecchie di farfalla (Luisa Aguilar e André Neves, Kalandraka), per i più piccini Elmer l’elefante variopinto (David McKee, Mondadori), Grazie amico orso (Greg Foley, Il castoro)

Ecco la videorecensione:

Libri accanto al fuoco – FILO MAGICO

Nel mezzo di un inverno bianco e grigio, Annabelle trova una scatolina, e nella scatolina un gomitolo di filo colorato.
Decide di usarlo per fare un maglione.
Finito il maglione, magia!, di filo ne avanza un bel po’.
Così Annabelle pensa bene di confezionare un maglione anche per il suo cane.
Ma il gomitolo è ancora bello grosso: Annabelle prosegue serenamente il suo lavoro.
E di filo ce n’è ancora tanto, anzi, sempre di più. Così le viene naturale pensare che si possa utilizzarlo per fare maglioni per tutti, ma proprio tutti: i ragazzini scontrosi, i compagni di classe e il maestro, e poco per volta anche le case, gli alberi, gli animali del bosco.
E lentamente, silenziosamente quel mondo bianco e grigio si colora.
Ma un arciduca ingordo vuole il gomitolo. Lo vuole al punto da far rubare la bella scatolina che contiene il filo infinito.
Tutto solo nel suo tetro castello, apre la scatolina e…

Filo magico di Mac Barnett e Jon Klassen (ed. Terre di Mezzo, 2016) è uno di quegli albi difficilmente classificabili. È per adulti? È per bambini? Il fatto che non sappiamo rispondere alla domanda ci dovrebbe far sospettare di trovarci di fronte a un libro di qualità.
Perché, certamente, Filo magico è un albo illustrato adatto a un pubblico di bambini. Ma di quelli che, durante le letture, fanno comparire sul volto di mamme e papà, zii e nonni il sorriso smascherato che ormai conosco bene.
Provate a non amarlo. Provate a non essere toccati dalla sua grafica poetica ed essenziale, in cui i volumi sono assenze circondate di grigio scuro e i contorni si creano per giustapposizione di aree colorate, persino i volti sono spazi bianchi scoperti in mezzo al colore con pochi tratti a far da nasi, occhi, bocche.
Provate a sottrarvi al suo messaggio e al modo aggraziato e anti-retorico in cui lo porta.
In un mondo in cui tutti spendono un sacco di parole per ribadire quanto è importante essere solidali e pochi lo sono davvero, gli autori scavano tra parole e immagini per riportare alla luce il messaggio originario, pulito e vivo come un colore in mezzo al vuoto dell’inverno, e ci mostrano senza bisogno di sermoni quanto sia fisica e semplice la vicinanza.
Lo fanno riscoprendo, forse non a caso, una pratica quasi dimenticata: il fare a maglia. Non con la Maglieria divina o altre corbellerie costose dai risultati immediati, da acquistare per Natale su Internet o al centro commerciale più vicino, no: proprio come si faceva una volta, con due semplici ferri da maglia, un gomitolo di filo cangiante – e poi lentezza, pazienza e cura.

Pur distante dai libretti moralistici con cui ancora oggi qualcuno vorrebbe ammorbare i bambini – come se, in mezzo a tutto questo esagerato fiorire di buoni esempi adulti, fossero loro ad aver bisogno di imparare la generosità, Filo magico è un libro profondamente morale, una fiaba moderna in cui Bene e Male si confrontano sotto traccia e alla fine il Bene vince – senza bisogno di fare proclami, semplicemente perché è ovvio che sia così.
C’è una protagonista piccola ma risoluta, accogliente e accudente, pronta ad accogliere i suggerimenti del destino e capace di dire no quando ci vuole un no. C’è il cattivone potente, che poi in fondo cattivone non è – ma tanto egoista e tanto, tanto solo – e che, incapace di uscire dalla sua grossolana visione del mondo, fraintende il senso della magia del filo infinito, finendo scornato e – ce lo immaginiamo – ancora più solo. C’è persino una maledizione…
E tante persone che, non sanno bene come, si ritrovano tutte collegate tra loro da un leggero filo colorato.
Unite, connesse.
Tante e diverse ma, tutte assieme, a comporre un’unità, come i punti che compongono una maglia.

Titolo: Il filo magico
Autori: Mac Barnett, Jon Klassen
Casa editrice: Terre di mezzo
Anno di pubblicazione: 2016
Consigliato da che età? Godibile dai 3 anni; dai 5 anni per apprezzare appieno la storia
Consigliato a lettori… che hanno un forte senso della giustizia; che amano le storie dallo svolgimento tranquillo; che fanno a maglia; che apprezzano uno stile grafico essenziale.
Libri amici: L’uomo che piantava gli alberi (Jean Giono)

Vi interessa la videorecensione di “Filo magico”? Eccola qui sotto!