Storie a merenda ad Arco

Che bello viaggiare in groppa alle storie. Non conto più i luoghi che ho visitato e conosciuto in questi ormai tanti anni di vagabondaggi fiabeschi. E i visi dei bambini che mi sono portata nel cuore, le loro parole, i loro abbracci, le loro storie e quelle dei loro genitori e nonni, animali da compagnia e amici del cuore.

Vivete vicino al meraviglioso Lago di Garda? Oppure avete voglia di fare un giretto per la bella città di Arco?

Cogliete l’occasione!

Da ottobre 2023 a giugno 2024 ogni terzo giovedì del mese sono nella biblioteca di Arco (TN) per leggere e cantare assieme, con l’appuntamento “Storie a merenda”. Nella locandina a fianco trovate le date per il 2024.

Arcobalibri in biblioteca!

Conoscete la Valle di Primiero?
Se non la conoscete, potreste cogliere l’occasione per scoprire quanto è bella…
Se la conoscete già, sapete già quanto è bella: cogliete l’occasione per venirla a trovare!
Anche quest’estate, sarò felicissima ospite della Biblioteca di Fiera di Primiero per cinque giovedì di fila e altrettante letture estive ispirate… ai colori: perché ogni storia, così come ogni momento della nostra vita ha un colore (ma anche più di uno).

Il primo incontro sarà speciale e richiede una prenotazione alla Biblioteca: giovedì 20 luglio dalle 16:30 alle 18:30 condurrò la performance letterario-artistica “Sara e il torrente” assieme alla bravissima pittrice Federica Sgambaro, seguita da un laboratorio dedicato ai colori realizzati con la natura. Federica, la sua opera e i suoi laboratori sono vere fonti di meraviglia!

Seguiranno quattro incontri più “classici”, con le mie canzoni e letture… di tutti i colori, ogni giovedì dal 27 luglio al 17 agosto, dalle 17 in poi.

Letture ghiacciate

Per Natale racconterò, leggerò e suonerò d’inverno, neve e lentezza. Mi sembra che di lentezza di parole ci sia ancor più bisogno ora, che il mondo ha ricominciato a correre ma zoppicando.

Mi troverete, oltre che al lavoro come bibliotecaria e promotrice della lettura a Lentiai (BL), anche:

domenica 11 dicembre alle 17:30 a Ravina (TN), invitata dal Circolo L’allergia

sabato 17 dicembre alle 16:30 nella biblioteca di Borgo Valsugana (TN)

sabato 24 dicembre alle 10 nella biblioteca di Levico Terme (TN)

con una piccola performance di letture e musiche per i bambini dai 3 agli 8 anni.

“Non molto tempo fa, quando il mondo era più lento, nelle notti d’inverno poteva capitare che il Tomte facesse visita alle case, per dare la buonanotte a tutti raccontando le sue fiabe.
Forse, se ascoltiamo attentamente, riusciremo a sentire ancora i suoi passi leggeri sulla neve; e, se siamo molto fortunati, racconterà anche a noi una storia”.

Dove leggerò quest’estate

Anch’io mi sono fermata.
Per modo di dire: perché nei miei giorni di quarantena gli albi illustrati si sono infilati ugualmente. Non portavano la mascherina, erano tutti sconquassati e allo sbando. Non potevano parlare con i bambini, capite: loro che erano nati per quello. Così li ho presi con me e ho fatto quello che potevo. E, a modo suo, è stato bello.

Consultarsi con Chiara ed Elena & Elena, le bibliotecarie della Valsugana, e decidere di proporre delle videoletture per i bambini in quarantena: sentirsi unite dal bisogno e dalla voglia di fare qualcosa, anche una cosa piccola, per tenere la luce accesa – per loro, per noi.

Improvvisarmi lettrice di racconti di Rodari per la trasmissione radiofonica Il vento tra i capelli e lottare con il programma di elaborazione audio fino a notte fonda.

E fare le mie videorecensioni nella Valle silenziosissima, senza aerei né auto sulla strada, sentendo, anche lì, di lanciare un messaggio, che quel viaggio meraviglioso che è la crescita dei bambini continuava anche in quel silenzio del mondo e che dovevamo continuare a prestar loro orecchio, dare la nostra cura, riscoprirci genitori tutti assieme per venirne fuori.

E’ stato un bagno in un senso più ampio della comunità, nel sentirsi umani e basta: la stessa solitudine in cui si trovò Thoreau nella sua casa nei boschi oltre centocinquant’anni fa, che gli portava riflessioni sull’essere umano e una sensazione di vicinanza d’anime.

Ora, però, si riparte: all’aria aperta, come dovrebbe forse essere sempre.

Così, martedì 7 luglio alle 16:15 e alle 17:30 sarò a Cles per “Tutte le strade della fantasia. Un viaggio con Gianni Rodari tra parole, musica e immagini”.

Invece sabato 11 luglio alle 10:00 e alle 11:00 leggerò albi illustrati a Borgo Valsugana.

E voi cosa fate? Ripartite anche voi?

Libri accanto al fuoco: I cinque malfatti

Ti ricordo, bambino difficile. Mi eri stato presentato ancor prima che ci conoscessimo: mi era stato annunciato che avresti potuto rappresentare un problema per le attività sulla lettura proposte in classe.
Già prima di conoscerti mi avevi dato da pensare. Mi ero chiesta come ci si senta, a sapere di essere un problema per i propri insegnanti, per i propri compagni. A sentirsi sempre diversi, fuori posto, (mal) tollerati. Con un colpo d’intuito, decisi che avremmo fatto conoscenza attraverso I cinque malfattidi Beatrice Alemagna (Topipittori, 2016), anche se non era previsto che facessi letture, quel giorno.
Funzionò. Rimanesti ad ascoltarlo per tutta la durata della lettura, e addirittura chiedesti che facessimo le nostre attività proprio su quel libro.
Devo molto, a I cinque malfatti, albo illustrato che secondo me tutti dovrebbero conoscere. La prima cosa che devo a questo libro, però, è la sensazione di aver fatto breccia, per una volta, in un mondo fragile, di averlo fatto sentire a suo agio, normalmente malfatto in un mondo di malfatti che si sanno nascondere più o meno bene.

I cinque malfatti sono cinque… individui. Ognuno di loro è così unico che non è possibile definirli “esseri umani” o “animali”: sono dei viventi, certo, ma di una vita che ingloba anche gli oggetti, che li rende echeggianti di materie altre rispetto a quelle cui siamo abituati. Tale è l’arte di Beatrice Alemagna, che riesce a creare degli individui che non ci sono da nessun’altra parte.
Ognuno di loro è un unico: basta questo a renderli, ai nostri occhi di lettori, “malfatti”: il fatto che uno abbia dei buchi nella pancia, ad esempio, o che uno sia tutto pieghettato “come una lettera da spedire”, o che un altro dorma quando tutti pensano che dovrebbe essere sveglio. Sono diversi: noi diciamo che non sono come noi, e quindi li definiamo malfatti.
Attenzione alla finezza d’ingegno di questa superba illustratrice. Le illustrazioni ci dicono una realtà oggettiva, il testo assume il punto di vista soggettivo di “quelli che sanno come va il mondo” (la citazione non è a caso, vediamo se qualcuno la riconosce).
I cinque malfatti non sanno, veramente, di essere malfatti; o meglio, non considerano questo un demerito, tanto che spesso si divertono a fare a gara su chi sia il più malfatto di tutti.
Ma anche nella loro vita arriva il terremoto: si tratta di un Perfetto, che capita un giorno nella loro casa storta, non si sa da dove, non si sa perché: alto, bello, con una fluente capigliatura, sicuro nella sua perfezione. È il senso comune che irrompe nel magico mondo malfatto, e come il Grillo parlante di Pinocchio semina il dubbio là dove prima tutto era malfattamente perfetto.
Il Perfetto sottopone i cinque amici a un interrogatorio (“Che cosa ci fate qui?”, “Boh, niente, sbagliamo tutto!”) e non ci mette molto a capire, con disgusto, che non solo sono malfatti, ma non hanno nessun progetto o idea: insomma, sono “delle vere nullità”.
Nell’albo è tangibile la pausa sconcertata dopo l’affermazione del Perfetto. È il momento della rivelazione: quanti, di fronte all’aggressione di chi si ritiene perfetto, s’inghiottono, per così dire, e per evitare altre umiliazioni si annullano davvero, a volte per tutta la vita?
I nostri malfatti no. Inizia, timidamente, quello bucato: “Sarà, ma io non mi arrabbio mai: la rabbia mi passa attraverso”.
“Mah,” dice il pieghettato “io conservo tutti i ricordi qui, nelle mie pieghe”.
E così, via via, ogni malfatto, in pagine che risuonano come squilli di tromba di un esercito in rivolta, spiega all’odioso individuo che ciò per cui lui lo ritiene malfatto è, in realtà, una qualità, una ricchezza tutta sua.
Gli altri malfatti sono lì, ognuno a fianco degli altri, a testimoniare con la loro amicizia quanto vale, e che bisogna essere un po’ malfatti per vedere nei buchi, nelle pieghe, nei bitorzoli l’inarrivabile ricchezza di ognuno.
E che un perfetto, tutto sommato, è così noioso da non essere per nulla interessante.

Il tocco leggiadro della letteratura per l’infanzia, che io considero una qualità al pari della densità di certa letteratura adulta, relega quest’albo tra i “libri per bambini”, col che troppo spesso molti intendono, ahimé, “libri infantili”, creandosi una scusa per sfuggire alla possibilità di imparare qualcosa in più.
Invece I cinque malfatti, per me, è un albo che non dovrebbe mancare in nessuna casa. Ma non mi riferisco solo alle case-con-bambini: dico che non dovrebbe mancare in nessuna nessuna casa. Dovrebbe diventare una lettura imprescindibile a scuola, essere l’albo che introduce i bambini in età scolare al mondo. Dovrebbe diventare manifesto della nostra società, ecco… ovviamente dando per assodato che la nostra società proceda verso il rispetto per sé e per l’altro, verso l’accoglienza, verso la creazione di una comunità universale in cui colore, età, lingua, genere, livello culturale, classe sociale e via dicendo non siano più elementi di discriminazione.
… Perché è lì che stiamo andando, vero?

Titolo I cinque malfatti
Autore Beatrice Alemagna
Casa editrice: Topipittori
Anno di pubblicazione: 2016
Consigliato da che età? Dai 4 anni, ma chi apprezza veramente questa storia con tutte le sue sfumature sono i bambini più grandi, gli adulti, gli educatori
Consigliato a lettori… Che si sentono incompresi e diversi; che hanno bisogno di imparare a rispettare la diversità; che apprezzano gli stili illustrativi originali e ricercati; Per me, a tutti tutti tutti, per mille motivi diversi.
Libri amici: Orecchie di farfalla (Luisa Aguilar e André Neves, Kalandraka), per i più piccini Elmer l’elefante variopinto (David McKee, Mondadori), Grazie amico orso (Greg Foley, Il castoro)

Ecco la videorecensione:

Faccia a faccia con il Fuori luogo

Questo periodo sospeso mi ha fatta tornare a riflettere sulla nostra scelta del Luogo fuori luogo.
Dopo qualche anno speso ad inseguire figli, a leggere per i figli degli altri e lambiccarmi il cervello per trovare una mia strada che componesse le mie scelte di vita e l’esigenza di trovare un posto nella cosiddetta “vita normale” (n.d.Astrid: peraltro senza che ancora abbia trovato una soluzione), cercando contemporaneamente di non mancare in coerenza, infilando negli interstizi ciò che veramente contava… anch’io, come molti, mi sono trovata a faccia a faccia con la nostra scelta.

Scelta di solitudine.
Solitudine che è assenza di auto sulla strada provinciale e d’aerei in cielo, che, sommata alla solita assenza quasi completa di segni di antropizzazione (dato che la valle e i suoi rumori ci sono nascosti dalla collina) fa una bolla di natura e di noi, per giorni e giorni.
Che è visite quasi quotidiane della fauna selvatica, dal camoscio-sentinella col suo buffo verso che sembra il rumore di un trapano al fischio prolungato e temibile delle poiane, al tambureggiamento echeggiante del picchio nel bosco di sotto.
Che è senso d’intimità con il verde che lentamente invade gli alberi, con quella luminescenza stranissima delle prime foglie che le rende miriadi di lampadine accese e che fa dire a mia figlia: “Che bello! Non mi ricordavo com’erano gli alberi con le foglie!”.

Ma è anche solitudine rispetto al vissuto della maggior parte delle persone che condividono con noi questo pezzo di mondo e questo strano spicchio di tempo.
Per noi questa parentesi significa, certamente, preoccupazione per i nostri cari, le cui voci e i cui pensieri ci raggiungono ma che non possiamo vedere; per il nostro presente e futuro, dato che, essendo entrambi lavoratori autonomi, non abbiamo alcun guadagno in queste settimane; e per il presente e futuro del mondo e dell’umanità tutta (dato che ci piace pensare in grande); ma allo stesso tempo spazio di bellezza e silenzio, cose che ci sembravano essere sempre più scarse persino nel nostro piccolo mondo.

Prima, c’è il lavoro di carteggio fatto per anni su noi stessi: il continuo interrogarci su quale sia il modo più onesto, autentico, leggero sul mondo di vivere. Scelte faticose e mai definitive, intese a portarci, possibilmente, sulla via dell’umanizzazione, che hanno impegnato molte delle nostre energie; scelte relative a come e cosa consumare, come educare i nostri figli, come curarci, come spostarci, come e quanto lavorare, che genere di relazioni avere.

Insomma, alcune delle mie conclusioni sono qui: magari qualcuno le troverà utili:
– che non sceglierei un’altra vita, nonostante tutto
– che la famiglia è una gran risorsa
– che le relazioni profonde e autentiche non hanno bisogno di continue conferme ma ci sono, anche quando migliaia di muri vi si frappongono. Come diceva Henry David Thoreau in Walden, ovvero vita nei boschi: “Il valore di un uomo non è nella sua pelle, così non occorre toccarlo”.
– Che chi è nella natura non è mai solo. Di nuovo Henry David Thoreau: “Io non sono più solo di un solo verbasco o di una bocca di leone in un pascolo, o di una foglia di fagiolo, o di una acetosa, o di una mosca cavallina, o di un’ape. Non più solo del Mill Brook, o d’un gallo di latta, della Stella Polare o del vento del Sud, d’una pioggia d’aprile o d’una gelata in gennaio – o del primo ragno in una casa nuova”
– che avere un orto, un giardino, un qualsivoglia pezzo di terra ti tiene in equilibrio
– è banale, ma: che un profondo cambiamento deve avvenire nella nostra società: subito. Non domani o dopodomani. Un cambiamento che riguarda tutte le cose che ho scritto sopra e molte altre, ma che, in generale, riguarda la relazione: il modo in cui noi, come individui e come specie, ci relazioniamo con gli altri individui, con le altre specie, con la Terra. Qualcuno, come me, aveva da mesi la sensazione di trovarsi su una pentola a pressione che fischiava a più non posso in attesa che la sua valvola di sicurezza collassasse?
– che il primo cambiamento che deve avvenire è una riscoperta della cura, un atteggiamento insito in noi in quanto appartenenti a una specie sociale, che la nostra cultura e la nostra intelligenza possono indurci ad estendere oltre i confini della nostra specie. L’unica cosa che davvero può guidare la nostra necessaria evoluzione in esseri umani.

Libri accanto al fuoco – IL MURO IN MEZZO AL LIBRO

C’è un muro dentro al libro.
Proprio in mezzo, lì, nella riga mediana, il luogo dell’imperscrutabile così odiato e amato dagli illustratori, da cui qualcuno fa uscire cose e in cui qualcun altro ce le fa cadere, è stato piazzato un muro di mattoni, molto alto.
Così inizia Il muro in mezzo al libro di Jon Agee (Il castoro edizioni, 2019).
A sinistra del muro c’è un soldatino che di quel muro è parecchio soddisfatto: c’informa subito che il muro serve, per l’appunto, per proteggere la pagina sinistra da quel che c’è nella pagina destra. E nella pagina destra ci sono cose molto, molto pericolose.
Mentre l’ometto, con una certa pedanteria, ripete la sua lezioncina sull’importanza del muro per la tutela della pagina sinistra, e si affaccenda con una scala per sistemare al suo posto un mattone caduto dal muro, al di là dell’ostacolo accadono cose.
In effetti, c’è un certo movimento: animali grandi e piccoli si accostano al muro, con l’intenzione apparente di passare dall’altra parte, o forse soltanto curiosi, ma senza riuscirvi, venendo per altro spaventati dall’arrivo di un topolino dall’aria severa.
Ma il soldatino, intento nella sua concione, non si accorge che anche dalla sua parte del muro accadono cose: forse, come mi ha suggerito una bambina, come conseguenza della rimozione del mattone dal posto in cui si trovava a terra, vediamo che il terreno inizia ad essere invaso dall’acqua.
“Questo lato del libro è sicuro” ci comunica l’omino. Intanto, però, l’acqua sta salendo; e, nell’acqua, cominciano a comparire pesci e mostri marini, solleciti nel darsi la caccia e divorarsi l’un l’altro. Il soldatino, però, non se n’è ancora accorto, e ci sta informando or ora di come dall’altro lato ci sia, soprattutto, un terribile orco pronto a divorare chiunque gli capiti a tiro.
A questo punto, però, l’acqua è salita tanto che, improvvisamente, il nostro piccolo protagonista non può fare a meno di accorgersi che anche il suo lato del libro non è sicuro come pensava e che sta per venir divorato, non tanto dall’orco di cui sopra, quanto da un branco di piccoli pesci famelicissimi. Ma una grossa mano si sporge da sopra il muro e lo porta in salvo… dall’altra parte.

Il muro in mezzo al libro è un albo geniale, sotto moltissimi aspetti.
Innanzitutto, bisogna spendere qualche parola per il gran lavoro che ha condotto alla realizzazione dell’oggetto che teniamo tra le mani. Perché di un gran lavoro di concettualizzazione e di armonizzazione di testo e immagini stiamo sicuramente parlando.
Le illustrazioni sono belle, d’essenzialità ricercata ed equilibrio cromatico, giocate sui toni del verde e del marrone, con texture interessanti e forme definite dal ritaglio che balzano fuori da uno sfondo bianco.
L’utilizzo della linea della rilegatura, anche se non nuovo nel mondo creativo degli albi illustrati, è perfetto: Agee sfrutta alla perfezione quello spazio, che di solito negli albi illustrati occidentali rappresenta il passaggio tra ciò che viene prima e ciò che viene dopo, e lo rende da passaggio ostacolo, separazione: in questo caso tra un pensiero reazionario, conservatore, e un pensiero progressista, “selvatico”, come selvatico è tutto ciò che si discosta dal battuto arrischiando l’innovazione. Infatti, nella percezione del pedante omino, è il lato sinistro del libro ad essere protetto dal muro, che allo stesso tempo – diremo poi, alla fine – impediva di “guardare avanti”, verso il rischio e il fascino del futuro.
Ed è, ancora una volta, il messaggio sotterraneo che porta ai lettori grandi e piccoli, con umorismo e delicatezza, ad essere interessante.
Mi piace iniziare la lettura di quest’albo chiedendo ai bambini quale sia il lato sicuro del libro. Le immagini di Jon Agee, ancor prima del testo, fanno in modo che la risposta possa essere una sola. La domanda andrà, ovviamente, ripetuta alla fine. Perché è sul ribaltamento che Agee gioca: ribaltamento tra i lati del libro, in cui alla fine è incoraggiato il sospetto che il muro esista, dopotutto, per proteggere il paradiso terrestre che si trova sul lato destro, e non viceversa; ribaltamento tra i concetti “buono-cattivo”, in cui tutto ciò che si pensa pericoloso è alla fine accogliente e salvifico e viceversa; ribaltamento anche tra l’associazione piccolo-innocuo e grande-pericoloso, dal momento in cui vediamo il soldatino minacciato non tanto dall’orco quanto da un banco di temibili pesciolini, ma anche gli animali grandi e grossi spaventati dal severo topino (a dirci inoltre che sì, sarà pure un lato sicuro, ma anche lì possiamo aspettarci delle sorprese).
È, insomma, un libro che accetta la sfida della contemporaneità: rovesciare cose e concetti più e più volte, alimentando più le domande che le risposte, non accettare mai una verità per definitiva e battersi sempre e comunque, strenuamente, contro il pregiudizio, contro quel condizionamento mentale che ci fa guardare solo in una direzione, eliminando quelle parti di realtà che potrebbero mandarci in crisi ma anche, forse, aprire il nostro orizzonte.
Nella speranza che, un giorno, non si debbano più costruire muri: né in mezzo ai libri, né tra di noi.

Titolo: Il muro in mezzo al libro
Autore: Jon Agee
Casa editrice: Il castoro
Anno di pubblicazione: 2019
Consigliato da che età? Dai 4 anni; da leggere anche alle scuole primarie
Consigliato a lettori… Che amano ridere; che amano farsi sorprendere; che amano investigare; che hanno bisogno di imparare dai libri a cambiar prospettiva
Libri amici: Di qui non si passa! (Isabel Minhòs Martins, Topipittori), per gli adulti: Il buio oltre la siepe (Giangiacomo Feltrinelli Editore)

Ecco la videorecensione:

Libri accanto al fuoco – SPINO

Ora che, più che mai, abbiamo un disperato bisogno di tenere gli altri a distanza, Spino di Ilaria Guarducci (Camelozampa editore, 2016) mi sembra una lettura particolarmente indicata.

C’è un modo infallibile per non farsi ferire dagli altri: imparare ad essere noi quelli che feriscono, quelli che tengono lontani.
Se, poi, avessimo la fortuna di avere un corpo ricoperto di spine, come un cactus, potremmo annunciare già dal nostro aspetto la nostra pericolosità, come quegli animali che con le loro tinte sgargianti ci avvertono di essere velenosi. Sarebbe tutto molto più facile, sì, se venissimo dotati di un magico scudo di spine, che faccia il vuoto attorno a noi ovunque andiamo senza bisogno di usare armi faticose, che qualcuno potrebbe anche spuntare – come le parole, il sarcasmo, i rigurgiti acidi che ci esercitiamo a buttare addosso agli altri in questo mondo pieno di cose mal digerite.

Gran cosa, in effetti, la vita di Spino, nato già provvisto di un tal dono. Fa infatti parte di un’esimia famiglia di spinosi, che si è prodigata per fargli frequentare adeguate scuole di cattiveria con l’obiettivo di sviluppare questa qualità innata. Spino, incoraggiato dal padre e forte della sua pregevole tradizione famigliare, ce la mette tutta: va a vivere nel bosco scuro e si allena nelle peggiori cattiverie, insultando, maltrattando e mutilando tutti gli esseri delicati e poetici che lo animano.
Ma, a quanto pare, non sono soltanto i contatti con gli altri viventi a rappresentare un pericolo per noi. Infatti un giorno Spino si ammala: di punto in bianco, a colazione, una spina cade tintinnando sul pavimento; poi ne cade una seconda, poi una terza. Dopo, sarà un diluvio inarrestabile di spine. In poche ore Spino non è più Spino: sotto lo scudo pungente compare un cosetto roseo e morbido, ridicolo e, tutto sommato, un po’ tenero.
È l’inizio di una profonda crisi: Spino ha perduto la sua protezione e, con essa, la sua identità, costruita faticosamente nel corso degli anni proprio a partire da quella stessa protezione.
Solo, deriso e umiliato, se ne sta seduto su un sasso appuntito a meditare sulla propria inutilità.
In questa solitudine, però, gli si avvicina Bernardo, un coniglio saggio, che gli offre la sua compagnia e lo invita a trascorrere il tempo con la sua famiglia e i suoi amici.
Spino si trova a trascorrere i giorni con questa calorosa famiglia di conigli e si rende conto, poco per volta, che senza spine si possono fare molte cose piacevoli. Che la sua pelle vulnerabile è fatta per sentire il sole, il vento, la carezza dell’erba. Che il suo corpo può stare vicino ad altri corpi e sentirne il calore.

Spino è una riuscita storia di bullismo e di uscita dal bullismo, che riesce a descrivere senza mai dover essere esplicito.
Ci racconta, con semplicità e ironia, il bisogno di vicinanza nascosto nell’arroganza e nell’aggressività, così pervasive in quest’epoca di grandi fragilità e grandi solitudini; suggerisce anche sottovoce, per chi voglia ascoltare, che un bullo non nasce mai per caso e non torna a inserirsi nella comunità per caso: che la responsabilità della sua trasformazione è dell’intera comunità educante e della sua capacità di accoglienza del diverso.
La chiarezza della sua metafora attrae molti bambini, specialmente quelli che lo scudo se lo stanno costruendo, a volte perché incoraggiati a farlo, a volte per proteggere la loro vulnerabilità da un mondo che li spaventa, spesso per difendersi da adulti che non hanno rispetto per la loro morbida pelle rosa, sensibile a qualsiasi tocco. I bambini che rischiano di perdere la sensibilità, il tocco dell’aria e del respiro, la bellezza dell’essere creatura tra altre creature. A volte per sempre. A volte in attesa di una rinascita, di uno sguardo gentile che vada oltre le loro spine e produca nel loro scudo piccole fratture da cui passi la luce.

Ma Spino è anche, semplicemente, una storia piacevole, dalle illustrazioni accattivanti e di poche parole, che racconta il potere trasformativo dell’amicizia.

Titolo Spino
Autore Ilaria Guarducci
Casa editrice: Camelozampa
Anno di pubblicazione: 2016
Consigliato da che età? Dai 4 anni
Consigliato a lettori… Che hanno bisogno di uscire dal loro bozzolo di spine trasformati in splendide farfalle; che amano le storie di mostriciattoli; che apprezzano le illustrazioni simili al fumetto
Libri amici: I cinque malfatti (Beatrice Alemagna, Topipittori), Faccia di maiale (Anna Lavatelli, Nord-Sud)

Qui trovate la videorecensione:

Libri accanto al fuoco – E POI… E’ PRIMAVERA

Sono passati sette anni da quando E poi… è primavera di Julie Fogliano e Erin E. Stead è uscito in Italia, pubblicato da Babalibri editore.
Eppure anche quest’anno la primavera arriva nello stesso modo: quatta quatta. Lenta eppure inarrestabile.
Un giorno un germoglio ancora piegato, con la testa infilata nel terreno; un giorno un soffio d’aria tiepida che sa odore di terra che si sgela; un giorno una cavolaia gialla che succhia il nettare da un ciuffo di violette. Il cambiamento è così trascurabile che la consapevolezza del suo arrivo tarda ad arrivare; ma un giorno ci svegliamo e tutto ci canta intorno fin dall’alba, e guardando dalla finestra ci accorgiamo che quei piccoli cambiamenti, prima isole di un piccolo arcipelago, si sono congiunti l’uno all’altro componendo un vero, completo giorno di primavera.

Così, vediamo iniziare questo libro con un bambino e il suo cane che escono di casa e osservano una grande distesa marrone. Fa freddo e tira vento: il bimbo è ben infagottato in vestiti invernali, la sua sciarpa sventola nell’aria fredda.
Il protagonista, in tutto questo marrone, inizia a piantare dei semi. Per la maggior parte del libro li cura, tiene d’occhio il terreno, si preoccupa per loro… e, semplicemente, aspetta.
Intanto inizia ad accadere qualcosa: ma accade solo per chi ha orecchio fine, per chi si sa chinare e ascoltare il “mormorio verde che puoi sentire solo se chiudi gli occhi e appoggi l’orecchio a terra”.
Finché, proprio alla fine del libro, dopo tanta tanta attesa arriva una giornata di sole; e poi un’altra notte, e poi, finalmente…

E poi… è primavera è un libro che ci chiama alla vita, in più sensi.
Ci racconta, con un testo sottile e poetico e le splendide immagini di Erin E. Stead, quel passaggio commovente, vibrante, invariabilmente nuovo che è l’arrivo della primavera – l’esplosione lenta della vita che è crescere, sbocciare, animarsi, riprodursi, crescere di rumori e di colori – e ci invita a farne parte, ancora una volta, come ogni anno.
Ma ci chiede, anche, di essere vivi e ben presenti nella sua lettura, così come gli altri libri di Erin E. Stead, spesso realizzati in coppia con il marito Philip. Non è un libro che possiamo lasciare in mano ai nostri bambini mentre noi ce ne andiamo a lavare i piatti o a leggere il giornale: ha bisogno di tutta la nostra presenza per leggerlo assieme a loro, soffermandoci su ogni minuto particolare, accogliendo i suoi mille inviti a richiamare alla mente profumi, suoni e sensazioni. Ci invita a parlarne con loro, a chiedere, ad ascoltare, a investigare, a indicare con il dito, ad andar oltre immagini e parole per approdare nelle sensazioni, come se navigassimo sul libro nel mare della vita; ci spinge a praticare veramente la “lettura dialogica”, quella che gli esperti di pedagogia di lettura indicano come la modalità di lettura che maggiormente cresce i futuri lettori, mostrando loro i tanti modi in cui un libro ci può nutrire.
Senza di noi, per la maggior parte dei suoi lettori, abituati a narrazioni ritmate e “furbe”, rischierà di rimanere un libro muto, in cui “non succede niente”. Perché in E poi… è primavera l’azione è così piccola e così lenta che pare, davvero, non succeda niente. E invece tutto quel marrone, pian piano, fruscia, rumoreggia e diventa qualcos’altro: ma siamo noi a dover prendere in mano quel senso di attesa e restituirne la potenza a bambini che non sono più abituati a pazientare. E a ridiventare, per la durata di un libro (e forse di più), le guide dei nostri bambini nella meraviglia e nel mistero del mondo.

Titolo: E poi… è primavera
Autori: Julie Fogliano (autrice), Erin E. Stead (illustratrice)
Casa editrice:
Babalibri
Anno di pubblicazione:
2013
Consigliato da che età?
Dai 3 anni
Consigliato a lettori…
Che coltivano la poesia; che adorano fare l’orto e vedere le cose che crescono; che amano la natura; che (ancora non) sanno attendere
Libri amici:
Se vuoi vedere una balena (Philip e Erin E. Stead, Babalibri), Aspetta (A. Portis, Il castoro), Il signor G. (G. Roldàn, La nuova frontiera)

Qui sotto trovate la videorecensione di E poi… è primavera.

Libri accanto al fuoco – CANE BLU

C’è un albo illustrato cui devo una recensione a mo’ di scusa.
Quest’albo è Cane blu di Nadja (pseudonimo di Nadja Fëjto; sorella, per chi fosse interessato alle parentele artistiche, di Gregoire Solotareff, altro stimatissimo autore di albi illustrati).
Lo confesso: la prima volta che l’ho conosciuto, qualche anno fa, non ne sono rimasta particolarmente colpita, soprattutto per via della trama, che giudicavo fin troppo classica. Certo, le illustrazioni (che ricordano l’espressionismo) erano d’impatto, la qualità artistica era evidente, ma a quell’epoca cercavo soprattutto storie che stessero lontane dai soliti binari. La storia del cane (per quanto blu) che i genitori non vogliono, ma che riesce a farsi accettare dalla famiglia mettendo in salvo la bambina dispersa nel bosco, aveva un che di già sentito.
Sono stati i bambini a rimettere me sui binari. Perché, se c’è una cosa che ho capito durante la mia esperienza di lettrice, è che io e i bambini, in questo viaggio nelle storie, abbiamo competenze e doveri diversi. Il mio dovere è portare loro narrazioni e libri di tutti i tipi, cercando sempre di proporre opere di qualità, di remare contro la banalità, la volgarità, le opere fatte in serie per ragioni commerciali; il loro dovere è segnalarmi, con il loro fiuto infallibile, le storie che funzionano davvero e che lavorano dentro di loro, e spronarmi a farle conoscere ad altri bambini.
Cane blu, l’inguardato inserito un po’ all’ultimo in una cinquina di libri da proporre per le letture pomeridiane nella fascia 3 – 6 anni, piacque subito e senza tentennamenti; anzi, i bambini manifestarono verso questo libro un ardore tale che decisi di riprovarci, questa volta alle scuole primarie: l’effetto fu confermato.
E così, di anno in anno, di pubblico in pubblico, Cane blu ha sempre ricevuto lo stesso ardore, lo stesso affetto senza tentennamenti, al punto che ora lo propongo nella certezza che piacerà. Credo sia per questo che, nonostante abbia una trentina d’anni, è stato ripubblicato nel 2019 da Babalibri.

Che cosa i bambini avevano visto e io no?
Partiamo dalla storia.
Carlotta incontra un cane randagio. Poco importa, a questo punto della storia, che il cane sia un Cane blu dagli occhi di rubino: la bambina si affeziona a lui, ricambiata: il cane la torna a trovare sera dopo sera.
La mamma, però, non è contenta di quell’amicizia: il cane è randagio, potrebbe essere malato, e ad ogni modo i genitori della bambina non vogliono adottare cani. Carlotta è costretta a separarsi dal suo amico.
I genitori di Carlotta, vedendola triste, decidono di portarla nel bosco per un pic-nic… e, naturalmente, Carlotta si perde.
Sta calando la notte; Carlotta non sa dove si trova. Ma Cane blu sopraggiunge, accende il fuoco con il suo soffio (solo a questo punto iniziamo a capire che la sua particolarità gli conferisce anche poteri speciali) e la conduce al riparo in una grotta, per attendere assieme l’alba.
Ma nel folto della foresta si nasconde lo Spirito della Foresta, pronto a divorare chiunque osi rimanere nel suo bosco oltre il crepuscolo… e ora Carlotta sarebbe in grave pericolo, se a vegliare su di lei non ci fosse Cane blu.
La trama e la struttura narrativa sono classiche e un po’ scontate, è vero. Eppure, man mano che la trama procede, si manifestano i poteri di Cane blu e si giustifica la sua particolarità, mentre avviene il passaggio in un mondo inquietante e selvaggio, che Cane blu frequenta in virtù sia del suo essere senza padrone che della sua diversità. Qualcosa cambia: ed è qui, nelle drammatiche scene centrali ambientate nella foresta notturna, che la storia esce dai binari della banalità.
A questo punto della lettura i bambini sono spesso inquieti: la lotta tra Cane blu e lo Spirito del bosco, mutato in pantera, è rappresentata in modo crudo, è un salto in un mondo di violenza vera, non mediata da immagini accattivanti, che a volte io sorpasso in fretta, per non turbare i più piccoli; una lotta il cui esito non è assolutamente scontato. Tanto che, ogni volta, me lo domando anch’io: riuscirà un povero e mite Cane blu a sconfiggere il selvaggio spirito della foresta?
Ma ogni volta l’alba arriva e Cane blu ce la fa (grazie alla sua tenacia, più che alla sua forza), i bambini ce la fanno, e ogni volta che salto la pagina della lotta mi sento in colpa per non aver regalato loro quel brivido in più pur sapendo che poi il finale ci porterà tutti in salvo, in una corsa sfrenata e rigenerante in groppa a Cane blu.
Sono convinta che il suo potere quest’albo lo eserciti fino in fondo con la scena finale: il cane che appoggia la testona sul letto della bambina e la rassicura: “Resterò sempre con te”.

I bambini amano le figure come Cane blu – fedeli, protettive e potenti pur nella loro mitezza e umiltà. Io le chiamo “le forze di protezione”: ai miei occhi incarnano la sicurezza che sperimentiamo da bambini tra le braccia delle persone che ci sono più care. Penso che i bambini, in figure come quella di Cane blu, rivivano e rafforzino questa sensazione di protezione, e abbiano bisogno di narrazioni come queste e personaggi come questi per affrontare il mondo con le sue inquietudini e ambiguità. Infatti di personaggi analoghi ce ne sono molti, nella letteratura per l’infanzia e oltre: pensiamo al GGG, a Pippi Calzelunghe o addirittura all’Aslan della Saga di Narnia; ma anche a Cion Cion Blu (ancora una volta il blu è il colore della protezione), il contadino cinese capace, nella sua semplicità e saggezza, di aiutare nientemeno che l’imperatore della Cina: un’altra figura di protezione molto amata dai bambini, protagonista di un romanzo che suscita il loro entusiasmo (e che inizialmente avevo, anche stavolta, sottovalutato).

Se ci pensiamo, anche a noi storie come questa piacciono, e per lo stesso motivo. Ognuno di noi ricorda quel “per sempre”; ognuno di noi ha sentito, un tempo, la potente sensazione che quell’abbraccio fosse una fortezza inespugnabile. Quella stessa fortezza, negli anni del tradimento dell’adolescenza, ci è apparsa nella sua umana fragilità, ma sappiamo che è rimasta dentro di noi come un nido di calore in cui, tutti, ci rifugiamo quando abbiamo bisogno di conforto. E, per tutta la vita, cerchiamo il nostro Cane blu.

Titolo: Cane blu
Autore: Nadja
Casa editrice: Babalibri
Anno di pubblicazione: 2019 (ultima edizione)
Consigliato da che età? Dai 4 anni; piace molto anche a bambini di 6 – 7 anni
Consigliato a lettori… Che amano i cani; che hanno bisogno “del grande amico”; che apprezzano le storie a tinte forti; che sono affascinati dalle storie che hanno un sapore antico, di leggenda.
Libri amici: Cion cion blu (Pinin Carpi), Il GGG (Roald Dahl), Pippi Calzelunghe (Astrid Lindgren).

Qui trovate la videorecensione di Cane blu: